IL BUTTAFUORI

Da novembre a gennaio gli alunni delle classi terze della scuola secondaria di primo grado vengono orientati a scegliere, in maniera adeguata alle loro capacità e alle loro attitudini, l’indirizzo della scuola superiore che frequenteranno dopo aver conseguito la licenza media. Per una scelta consapevole e pertinente, agli allievi vengono sottoposti i profili di tante scuole superiori, illustrati con competenza e passione dai docenti che in tali scuole insegnano. A ciò si aggiunge infine anche il consiglio orientativo degli insegnanti che hanno seguito il percorso dei ragazzi durante i tre anni di permanenza alle medie. Insomma è un iter abbastanza impegnativo per arrivare a una decisione da cui comincia a delinearsi il futuro dei ragazzi.  I rappresentanti di ogni istituto superiore mettono tutto il loro entusiasmo per evidenziare e magnificare le peculiarità della scuola in cui insegnano in modo da attrarre quanti più alunni possibile e, per la verità, nonostante la nostra cittadina abbia ben quattro indirizzi di scuola superiore, partecipano ai corsi di orientamento pure professori che insegnano in scuole, anche dello stesso indirizzo, che si trovano però in altri paesi. Tanto è stato necessario sottolineare per far comprendere l’impegno che ogni anno viene messo in campo per indirizzare al meglio le scelte degli studenti. Per tale motivo ci si aspetterebbe che gli alunni, che decidono di iscriversi al tale o tal altro istituto, vengano accolti con piacere dal dirigente della scuola prescelta e messi in grado di superare le loro eventuali difficoltà.

Ciò non è successo nel nostro Liceo classico dove un allievo, che voleva appunto iscriversi a tale scuola invece che ponti ha visto erigere intorno a lui solo muri per l’impegno maggiore che l’ Istituto avrebbe dovuto assumersi nei suoi riguardi, ma che, per le notevoli capacità in suo possesso, l’allievo  sicuramente avrebbe ripagato con risultati ottimali.

Come insegnante dell’alunno in questione e come cittadina eclanese ho provato un profondo senso di costernazione e di vergogna sia per la categoria di cui faccio parte sia per il mio paese. Alla faccia della buona scuola e dell’inclusione. Mi fa ridere chi vorrebbe giustificare un tale comportamento con l’alibi dell’incertezza della sede scolastica di cui già abbiamo parlato in altra occasione Nessuna scusa potrà mai reggere. Mi chiedo come può un dirigente del Liceo classico dire a un ragazzo che sarebbe meglio non iscriversi a tale scuola perché il greco, lingua morta ormai, non serve a nulla. Ammesso che tale sia l’alto pensiero di chi pare si sia vantato in più occasioni di conoscere ben altri greci, non c’è nemmeno il buonsenso di celare, in virtù del ruolo ricoperto, la discutibile personale opinione. E’ del tutto evidente da parte di certe persone che occupano alcuni posti di rilievo nel nostro paese, la poca dimestichezza con il mondo e la lingua dei classici, che inevitabilmente si traduce,  per la mancanza di affinamento dell’anima,  in azioni poco dignitose e irrispettose della sensibilità delle persone.

Infatti proprio i sentimenti più profondi e le emozioni più nascoste sono stati toccati e feriti con  l’atteggiamento tenuto dal preside del liceo nostrano. Per fortuna altro spessore e altra cultura ha dimostrato il personale del Liceo classico di Pietradefusi, sezione staccata del liceo Colletta di Avellino il cui dirigente si è mosso personalmente dalla sede principale per assicurare tutto il sostegno e il necessario supporto all’alunno e alla sua famiglia.

Auguro pertanto al mio beneamato allievo che questo spiacevole episodio venga cancellato in fretta dalla sua memoria e sostituito dalla certezza che potrà fare sempre affidamento sulla disponibilità e l’affetto di quanti hanno avuto l’opportunità di conoscerlo e di  entrare a far parte  del suo mondo.

Margaret Memmolo


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