Fontana del Carpine, l’eredità del passato inghiottita dall’incuria e dal degrado

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È una delle fontane più antiche del paese, ma anche la più degradata: ridotta ad uno spettrale moncherino, nulla del suo aspetto odierno ricorda quello originario, e a vederla si stenta a credere che un tempo, proprio lì, sorgesse una fontana.

È un viaggio nella memoria collettiva di Mirabella, quello attraverso il quale ci conducono i racconti di Antonietta, sulla fontana del Carpine: «A guardarla così, abbandonata al totale degrado, fa davvero tristezza…chissà dove sono finiti i vecchi bocchettoni in pietra e i vasconi che raccoglievano l’acqua».

La fontana del Carpine, la cui portata è piuttosto cospicua (infatti supera 0,2 litri di acqua al secondo), è l’unica delle storiche fontane del paese che non ha conosciuto un restauro, e che invece ha interessato quella del Cupazzo, Fontanelle e più di recente Pomice.

Totalmente inghiottita dalle spine e dagli alberi, e intasata di acqua melmosa è praticamente quasi scomparsa sotto il ponte della strada provinciale numero 262, che congiunge Mirabella a Sant’Angelo.

Custodi di una centenaria memoria, le fontane non sono servite solo come mezzo per l’approvvigionamento pubblico dell’acqua, ma anche come luogo di ritrovo per le lavandaie mirabellane. Solo dopo la seconda guerra mondiale, negli anni cinquanta, con la realizzazione dei primi acquedotti,  il paese ha iniziato progressivamente a non usufruire più delle fontane comunali.

«Mentre coltivavamo la terra, di tanto in tanto ci recavamo lì per bere, attraversavamo prima una stradina comunale poi quella privata che apparteneva alla famiglia degli Uberti», racconta Antonietta, «ogni giorno ricordo che c’erano almeno sette donne del paese che lavavano i panni nelle due vasche in pietra, una laterale e una frontale con due grosse bocche d’acqua».

Tutti ricordi felici, legati ad un’infanzia spensierata, quelli che la donna associa a questa sorgente: «Io e altri bambini, prima della guerra, ci ritrovavamo lì per giocare, facevamo il gioco del “merco”…si sorteggiava chi doveva lanciare la pietra per primo e chi di noi la faceva arrivare più vicina al bottone, lo vinceva»

Nel gorgoglio delle acque, infondo alla gola dell’antica fontana, riecheggia anche una leggenda: si narra infatti che la sorgente nasconda un antico tesoro, il cosiddetto “tesoro aeclanum”, custodito da un serpente, che nella tradizione biblica rappresenta il demonio.

«Invano, tre persone hanno provato negli anni settanta a impossessarsi di tale tesoro, ma alla vista di uno spaventoso serpente dicono di essere fuggiti».

  Antonella Tauro

                                                                                   


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