Centro storico, aumentano le serrande chiuse

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Basta passeggiare per le strade del centro storico, per  capire quanto la crisi, non solo nazionale, abbia fortemente influito sulla nostra realtà, un tempo fulcro commerciale e punto di riferimento per i paesi limitrofi. Non bastano i racconti nostalgici di chi ha avuto la fortuna di vivere in un centro storico diverso per comprendere come un tempo vicoli, borghi e contrade fossero fulcro economico e sintomo di occupazione, principalmente per i giovani.

Mirabella Eclano, un tempo considerata “polis del commercio”, si è trasformata in una realtà fine a se stessa e che non ha nulla da offrire alle nuove generazioni. Ma cosa è accaduto realmente?  Nell’ultimo biennio abbiamo dovuto assistere alla chiusura di diverse e numerose attività commerciali e vedere sostituire alle vetrine di quei locali, carichi ancora di progetti commerciali, serrande inesorabilmente chiuse, che non solo lasciano l’amaro in bocca, ma aprono la strada ad una desertificazione  commerciale con conseguenze negative ed inevitabili per  la nostra Comunità.

Perché nessuno è disposto più ad investire il proprio patrimonio e le proprie idee di mercato nell’agorà eclanese? Tanti sono i commercianti che hanno preferito investire altrove, chiudendo con un passato sempre più lontano ed immaginando un futuro distante dal fulcro urbanistico locale.  Un’altra realtà, denominata Passo Eclano, invece, è riuscita a risorgere e dare dimostrazione del fatto che la recessione è un obiettivo, che non impedisce ai negozianti di ampliare  ed addirittura aprire nuovi punti vendita, piccoli e grandi che siano, che  spaziano in vari campi: si va dall’apertura  di rinomati ed eleganti punti di  ristorazione ad importanti  negozi di sportwears, fino a locali altamente qualificati e ben avviati che vivono di giorno e riempiono anche la ore notturne di giovani, provenienti da tutta l’Irpinia. Tale fenomeno è iniziato da quando il nuovo centro commerciale “il Carro” ha aperto ed ha dato ai giovani imprenditori voglia di restare ed investire in una realtà  del tutto nuova, frequentata  e vissuta pienamente con un altro bacino d’utenza.

Qual è allora la differenza? Abbiamo appreso notizia che città, ben più popolate della nostra,  come Mercogliano ed Ariano Irpino, si sono fortemente opposte a questo nuovo modello di cambiamento:  la prima all’ampliamento di un centro commerciale già esistente, mentre la seconda alla nascita di un primo grande complesso. Tutto questo perche?  Semplice, solo per salvaguardare i diritti di coloro che hanno investito tutta la loro vita in piccole attività. Allora  capiamo come  l’apertura di un grande agglomerato nella comunità eclanese abbia influito oggettivamente, spostando  tutta l’attenzione commerciale altrove, riducendo il nostro centro  commerciale naturale in qualcosa di effimero, che non riesce più a suscitare attenzione di turisti o di cittadini di paesi vicini che preferiscono passeggiare tra le mura di un capannone illuminato di luci e di sfarzi a danno di strade e vicoli di una volta, abbandonati al proprio desolante destino.

Per tale ragione bisogna restituire un motivo ai giovani per  restare, per cercare di costruire un futuro di prospettive diverse. Ad esempio, chiedere ai  commercianti ulteriori sforzi ed un blocco comune di idee da portare avanti per  evitare altre luci spente, vetrine smontate, locali  comunali e privati che sono divenuti  aridi ed improduttivi e soprattutto restituire agli imprenditori prossimi valide ragioni e la voglia di progettare  insieme con la Comunità il proprio avvenire. E’ necessario che si prenda coscienza del problema,  così come è desolante vedere che ovunque si respiri aria di indifferenza,  rispetto a tale fenomeno,  ed assistere a continue chiusure  di punti vendita, che riflettono un netto sbarramento  all’evoluzione commerciale. Bisogna restituire, quindi, soprattutto ai più giovani, il ricordo di una Mirabella diversa… non lontana e consegnare la convinzione di un ritorno al passato che per la Comunità eclanese non sarebbe regresso ma una vera e propria rinascita.

Maria Esposito

 


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