Un soffio di tempo, dopo 15 anni “risorge” La Fenice

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Il giornale La Fenice nacque in un freddo marzo di quindici anni fa, era un mensile di otto pagine stampato su carta lucida che raccontava le problematiche e le iniziative della nostra piccola comunità, collegato alle attività sociali della Pro Loco della quale era l’organo d’informazione ufficiale.

I ricordi della sua pubblicazione, sono i ricordi di un tempo che vive ormai solo nel cuore di chi vi ha partecipato attivamente ed ha creduto fino alla fine in quel progetto; era il 1998 e per quanto siano passato soltanto tre lustri il mondo in cui viviamo oggi è diametralmente opposto a quello raccontato in quelle pagine. Basti pensare che allora la società virtuale dell’immagine era ancora un racconto da fantascienza, le televisioni erano larghe e pesanti come frigoriferi, i cellulari erano il lusso di pochissimi e nella più rosea delle ipotesi riuscivano ad effettuare solo una chiamata, non c’era internet ad unirci, o forse a dividerci, i nostri social network erano le scale di marmo del monumento in piazza, per fare una ricerca dovevamo aprire un’enciclopedia e per vedere una foto dovevamo stampare un rullino.

Per sintetizzare meglio l’abisso che ci separa da allora vi dico soltanto che in quello stesso anno, Larry Page e Sergey Brin, due ragazzi dell’Università di Stanford fondarono Google; allora era poco più di un nome inglese, oggi non saremmo più in grado di trovare neppure la strada di casa senza il suo ausilio. Per me che vissi attivamente quel periodo, le immagini sbiadite di quei giorni coincidono con quelle dei miei anni giovanili e con l’euforica volontà di voler cambiare le cose, la speranza di unire gli abitanti di questo paese e di coinvolgerli in qualcosa che fosse socialmente utile.

Quando penso a quel tempo e alla nostra Mirabella, mi avvolge l’immagine di piazza della Vittoria ricoperta di ombrelloni bianchi per il mercatino dell’Antiquariato, rivedo la ricerca affannosa dei premi per le nostre lotterie grazie al contributo di una comunità ancora commercialmente attiva, ricordo i miei ragazzi del corso di pittura e le sere d’inverno passate ad imbrattare fogli di compensato nel tentativo di trasformarli in alberi e pupazzi di neve, ripenso alle serate di musica in Torretta tra note e colori e alle tombolate al centro sociale, della cui recente demolizione, oggi, non resta altro che l’ennesimo spiazzo vuoto di un paese che sta morendo.

Tra le tante attività di quel periodo quella che mi è rimasta più impressa nella mente consisteva nel travestirci, durante le feste, da Babbo Natale e portare dei dolcetti negli asili e nella clinica locale. Lo ricordo come se non fosse passato neppure un giorno!

In una delle stanze di ricovero c’era una bambina, il suo viso delicato in controluce disegnava il contorno del male che la stava vincendo, ci fermammo di fronte ai suoi pochi anni e all’incomprensibile ingiustizia di quella situazione, lei si voltò e sorrise dolcemente, noi ci avvicinammo e tentammo di regalarle un istante di felicità. Uscendo da quella stanza ebbi la netta sensazione di aver ottenuto qualcosa, un qualcosa infinitamente piccolo rispetto al dramma che aleggiava tra quelle mura, ma pur sempre un attimo di speranza per quegli occhi dolci e per la sconfinata paura che esprimevamo. Poco tempo dopo venimmo a sapere che quello era stato il suo ultimo inverno e con esso erano svaniti tutti i sogni che non avrebbe mai potuto vivere.

Gli anni sono tramontati silenziosamente uno dopo l’altro ricoprendo di polvere quei giorni e quei vestiti rossi eppure, ancora oggi, io non posso e non intendo dimenticare il suo viso, quel tenue sorriso fu un graffio di luce, un piccolo diamante che conservo gelosamente nel cuore, quando la svogliatezza o la noia mi spingerebbero a fermarmi, quando la vita sembra troppo asfissiante e le ricorrenze e gli obblighi riescono quasi a chiudere le porte della fantasia, quando ricordo a me stesso che c’è ancora tempo per fare qualcosa.

Dopo quindici anni, il giornale La Fenice si ripresenta in una veste digitale, adeguata ai tempi e ai nuovi trend della comunicazione, supportata da una redazione dinamica e giovane, a parte me, con l’unico intento di dare voce ai pregi e difetti della nostra Comunità, con la volontà e la consapevolezza che è preferibile cercare di far qualcosa sottoponendosi al giudizio degli altri invece di continuare a tacere per il banale timore di mettersi in gioco.

Massimo Lo Pilato


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