Facciamo a pezzi la macchina fotografica

Smontiamo la macchina1

Con questo secondo appuntamento voglio effettuare un’operazione che credo sia utile per tutti coloro che hanno a che fare con la fotografia e cioè “smontare”, anche  solo virtualmente, la macchina fotografica andando ad analizzare quali sono gli elementi principali che ci permettono di scattare una foto.

Come riferimento prenderò una reflex digitale che ormai è di grande diffusione e che tutti dovremmo conoscere. Essa si compone principalmente di un corpo macchina e di un obiettivo, montati  l’uno sull’altra.

Ora smontando questi due pezzi possiamo notare all’interno della macchina la presenza di uno specchio, questo non fa altro che riflettere (da ciò il termine reflex) l’immagine del mondo e proiettarla all’interno del mirino da quale  noi possiamo così decidere l’inquadratura da realizzare.

Dietro lo specchio è presente una tendina rettangolare detta anche otturatore, con due lamelle che si aprono e si chiudono a tempi diversi e regolabili da noi, così da permettere alla luce di entrare e di finire su un sensore digitale.  Nelle vecchie reflex analogiche questo moderno sensore era sostituito dalla pellicola, quindi, come potete notare, il processo è rimasto invariato. Una volta giunta al sensore la luce viene elaborata da un processore, simile a quelli dei nostri pc, e trasformata in dati (bit) che rielaborati danno vita all’immagine.

In generale le nostre macchine fotografiche digitali possono generare due tipi di file: quello RAW, che più si avvicina al concetto del vecchio negativo, e un file jpeg, che rappresenta già una prima compressione ed elaborazione dei dati eseguita dalla macchina e contiene, quindi, una minore quantità di informazioni rispetto al primo.

Passando, quindi, all’obiettivo, è lapalissiano che la sua costruzione sia molto complicata e delicata, comprendendo una serie di lenti, molle, pesi e bilanciamenti, ma è altresì chiaro che per il suo corretto utilizzo sia sufficiente puntare l’attenzione soltanto su due elementi: la ghiera del fuoco ed il diaframma.

Mettere a fuoco il soggetto principale della nostra foto non è cosa complicata ma nemmeno da sottovalutare, perché sbagliare fuoco vuol dire sbagliare foto o non riuscire ad ottenere il risultato che ci si era prefissati.

Oggi le nostre macchine intelligenti sono provviste di autofocus, cioè puntando la camera sul soggetto e premendo leggermente il pulsante di scatto in una frazione di secondo l’immagine va a fuoco automaticamente, ma è anche possibile determinare il punto di messa a fuoco in modo manuale, girando opportunamente la ghiera presente su ogni obiettivo.

Il diaframma è un’apertura circolare o poligonale incorporata all’interno del barilotto dell’obiettivo, solitamente è costituito da sei lamelle che si allargano e si stringono. Ovviamente siamo noi a gestirlo e,  scegliendo se tenerlo più o meno aperto, stabiliamo la quantità di luce che vogliamo fare entrare nella macchina.

La combinazione di diaframma ed otturatore determina l’esposizione della foto, in parole povere  decidiamo attraverso il diaframma quanta luce far entrare e attraverso l’otturatore per quanto tempo farla entrare. All’interno del mirino, di solito in basso a destra, è possibile notare la presenza di un esposimetro il cui scopo è quello di indicare la quantità di luce e di dirci quale sia l’esposizione ideale.

Lo scopo del fotografo è quello di combinare tempi e diaframmi in modo da avere la tacchetta dell’esposimetro in posizione centrale, se questa si trovasse più a destra allora la foto sarebbe sovraesposta (troppa luce) se invece fosse rivolta a sinistra la foto risulterebbe sottoesposta (poca luce).

A questo punto siamo pronti a scattare una foto: attraverso il mirino lo specchio ci permette di stabilire l’inquadratura, combiniamo tempi e diaframmi per avere l’ago dell’esposimetro in posizione centrale, premiamo leggermente il pulsante di scatto in modo da catturare il fuoco, tratteniamo il fiato e premiamo fino a sentire il click.

In questo istante lo specchio si alza, l’otturatore scatta in modo da far passare la quantità di luce, stabilita dal diaframma, che finisce sul sensore… sul nostro display appare la foto. Buon divertimento.

 Annibale Sepe

 


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