Massimo Iapicca: un eclanese al Consiglio nazionale dei giovani imprenditori di Confindustria

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La crisi economica ed imprenditoriale del nostro Paese è un argomento che riempie quotidianamente le pagine di attualità dei quotidiani. Quest’oggi ne affrontiamo le cause e i possibili rimedi insieme a Massimo Iapicca, dottore in Giurisprudenza, Vice Presidente dei Giovani Imprenditori della Confindustria di Avellino con delega al Consiglio Nazionale di Confindustria Italia ed Amministratore della Società Bestefa, Storica Azienda quarantennale che opera su scala nazionale ed internazionale nel settore della produzione di prefabbricati in cemento armato e vibrato con committenze di enti pubblici e privati, in particolare nella produzione di cabine elettriche per conto di Enel, garitte e canalizzazioni per Ferrovie dello Stato, ed edilizia cimiteriale

Qual è il ruolo di Confindustria e di cosa si occupa in concreto?

«Confindustria è stata fondata nel 1910 ed è la principale organizzazione rappresentativa delle imprese manifatturiere e di servizi in Italia. In sostanza si fa portavoce di quelle che sono le esigenze del sistema economico nazionale delle imprese rispetto alle istituzioni politiche, sociali e culturali. Insieme alle istituzioni politiche si propone di dare un contributo alla crescita del Paese.

Quale sono i dati più rilevanti della crisi economiche che stiamo vivendo?

«I dati della Camera di Commercio di Avellino relativi al 2012 ci parlano di una pesante flessione demografica imprenditoriale del -0,77%. Vi è un pesante tasso di disoccupazione del 13,8% che arriva ad un impressionante 48% di disoccupazione giovanile, in pratica un giovane su due non ha un’occupazione. I settori più colpiti sono stati l’Artigianato -1,5% e l’auto motive -24%. Vi sono stati, solo nella nostra provincia, trenta fallimenti di aziende e centinaia di chiusure, che progrediscono settimanalmente.

Quanto influenzano le scelte politiche locali e nazionali rispetto alla drammatica situazione produttiva delle aziende irpine?

«L’azione più importante che si possa programmare è cercare di dare ossigeno alle aziende, tentando di diminuire una pressione fiscale troppo asfissiante. Il governo dovrebbe iniziare a destinare dei fondi per far ripartire le infrastrutture e muovere l’edilizia. Bisogna tener presente che il nostro tessuto imprenditoriale è formato per il 94% da piccolissime, piccole e medie imprese, e sono per la maggior parte piccole realtà che non hanno la forza e la struttura organizzativa per espandersi nei mercati esteri, e che soffrono questa totale mancanza di lavoro, derivante dalla stasi della maggior parte dei cantieri pubblici. Si parla molto di incentivare l’occupazione con sgravi fiscali che facilitino le imprese nelle assunzioni, e questo discorso è assolutamente condivisibile, ma, a mio modesto parere, il vero nocciolo della questione resta la necessità di creare lavoro per le imprese, perché un’azienda che non ha lavoro non ha comunque necessità di assumere, anche se il costo del lavoro dovesse diminuire. Un altro passo dovrebbe essere incentrato su una riduzione dell’Imu sui capannoni industriali, tenendo presente l’attuale situazione della nostra economia che ferma la produzione di centinaia di aziende, costrette comunque a pagare imposte insostenibili. Bisognerebbe far di tutto per mettere le aziende nelle condizioni ideali per produrre, creando reddito e lavoro dipendente, ed invece non si fa altro che stritolarle con un marea di tasse».

Quanto influiscono le banche in questa difficilissima situazione?

«Il discorso sul credito bancario è molto complesso e meriterebbe un’attenzione adeguata. Sintetizzando al massimo è bene sapere che nel moderno sistema bancario ad ogni azienda viene assegnato un rating, valutazione dell’affidabilità di un’impresa, che determina il costo del denaro e gli eventuali affidamenti. Il problema più grande è che quando le aziende si trovano in difficoltà, diminuisce il rating e diventa più complesso l’accesso al credito. Quindi paradossalmente le aziende che avrebbero la maggiore necessità di liquidità si vedono negato un aiuto indispensabile per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale e vengono lasciate in abbandono, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.»

Cosa pensa dell’attuale Governo e dell’incredibile exploit del Movimento Cinque Stelle?

«Credo, purtroppo, che non si tratti di un governo destinato a durare, è formato da forze politiche eterogenee che partono da ideali e prospettive diametralmente opposte. Non si può pensare che due coalizioni “nemiche” in campagna elettorale possano governare insieme come alleati. Sono convinto che si raggiungeranno poche riforme e poi si tornerà di nuovo al voto, entro un anno. Il nostro Paese, specialmente in questo difficilissimo momento, ha bisogno di una maggioranza solida che abbia il consenso politico e sociale, necessario per affrontare le delicate riforme che necessitano le nostre istituzioni. L’Italia è paragonabile ad un’azienda, ed ogni azienda che punti verso risultati concreti e fattivi ha bisogno di una guida unitaria, di un unico leader. Per quanto concerne il Movimento Cinque Stelle credo che la maggior parte del suo strabiliante successo sia dovuto ad un puro voto di protesta e questo fenomeno scemerà molto velocemente. Alcuni concetti del movimento sono condivisibili, ma il loro evidente e assoluto ostruzionismo fine a se stesso alla lunga non porterà a nulla. Se vogliamo rompere con il passato, applicando un metodo meritocratico non possiamo permetterci di improvvisare perché la politica è una cosa seria».

Nella sua ottica imprenditoriale come vede il futuro?

«Come imprenditore tendo a guardare il bicchiere mezzo pieno; certo nessuno può dire quando questa crisi finirà, probabilmente, e ce lo auguriamo tutti, credo inizierà una ripresa entro l’anno prossimo. Dobbiamo tener presente che l’andamento economico e finanziario ci ha abituati alla ciclicità di questi eventi, la storia economica del nostro Paese è costellata di momenti di crescita e momenti di recessione. Per quanto lungo possa sembrare, passerà anche questo difficile momento. Naturalmente la crisi non cesserà dall’oggi al domani ed è bene fin d’ora strutturarsi alle nuove esigenze che il mercato richiederà. Non riusciamo a intravedere ancora la luce oltre il tunnel ma siamo fiduciosi che quella luce, prima o poi, farà capolino ripagandoci degli enormi sacrifici che stiamo affrontando in questo momento per salvare le nostre aziende dalla tempesta che, purtroppo, continua a travolgere ogni giorno moltissime realtà imprenditoriali. Per gestire la crisi e cercare di superare questo tragico momento, nella mia realtà produttiva, tendo ad avere sempre ben presenti gli obiettivi che mi sono prefissato, variando le strategie necessarie per raggiungere questi obiettivi, un’azienda che non diversifica il suo operato e resta ferma a strategie commerciali desuete, è un’azienda destinata alla chiusura. La strada per la  crescita si chiama innovazione, considerata nella sua accezione più ampia, sia dal punto di vista del processo produttivo che da quello gestionale; innovazione, per me,  vuol dire soprattutto cercare nuove strategie commerciali e produttive, esplorare nuove possibilità, diversificare ed implementare la produzione, promuovendo adeguatamente i risultati raggiunti. Sono certo che a questo periodo difficile seguirà una nuova primavera imprenditoriale e commerciale. Il nostro impegno è quello di farci trovare pronti quando questa crisi sarà soltanto un ricordo».

 Massimo Lo Pilato

 


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