«Ritardo Avvio»

gocciaora

Succede, spesso, che ti rimangono in mente delle parole lette da qualche parte: è il caso di quelle che ho usato per intitolare questo mio intervento sulla Fenice on-line.

“Ritardo avvio”, dunque, incontrate una mattina di giugno dell’anno passato in occasione di una prova scritta concorsuale e diventate, nel mio inconscio, un’affascinante precarietà. Come una crudele psicologia dell’animo, transitorietà asfittica, che ti fa passare dall’ottimismo al pessimismo e ritorno, come in un batter di ciglia. Invece, pensiamo a che potenza ha la parola, quando è sincera, calda e viene dal cuore. Quando la lettura di un libro, di un articolo, o più semplicemente di uno scritto, ti fa sentire libero di immaginare una tua realtà, tra le righe di quanto stai leggendo. Eppure, questo stato di inconscio che si viene a creare, ti fa cadere in un oblio, abbandonato a te stesso.

Così, a volte, capita che la nostra conoscenza risulti essere ciò che sappiamo, dopo aver dimenticato tutto quello che abbiamo letto e studiato. Allora, cominciamo ad ignorare quello che è accaduto prima di essere nati e che accade durante la nostra esistenza, rimanendo nella spensieratezza dell’essere fanciullo.

Noi tutti, cultori delle nostre radici storiche, frequentemente dimentichiamo quello che ci è stato tramandato, insegnato, come se dovessimo obbedire alla regola secondo cui nel nostro principio è la nostra fine. Ma, non è così, perché la vita è ciò che facciamo di essa ed anche questo “giornale” ha lo scopo di lustrare un popolo, componente la comunità: le sue abitudini e relazioni; le manifestazioni della sua cultura; i caratteri fisici predominanti e le sue abitazioni; le attività tecniche ed economiche; le organizzazioni sociali, giuridiche e politiche; le credenze e i culti religiosi.

Per questo, anche la realtà che viviamo e ci appartiene avrà una luce diversa, perché ciò che vediamo, non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.

L’esperienza è maestra e la vita ci insegna a guardarla con fiducia.

Non saprei, in questo momento, quali parole lasciarvi ma c’è la certezza, che è soprattutto una speranza, di trasmettere con un pizzico di curiosità e interesse, un’attenta partecipazione alle vicende che ci colpiscono più da vicino: fosse solo per una parola.

Con tale animo ho risposto all’invito di consegnare una mia testimonianza alla “Fenice”, con l’entusiasmo e la convinzione che, forse, un giorno sarà bello ricordare e parlare anche di questo: di quanto sia affascinante partecipare e di come si possa essere appagati da una “parola”, quando le circostanze ti inducono a credere in quello che fai.

A presto.

 Annibale Carmine Sepe


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