Sigarette elettroniche? L’Italia dice «no!» alla vendita solo in farmacia e «stop!» all’uso nelle scuole

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Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha dichiarato, infatti, che entro i primi giorni di luglio  sarà varata un’ordinanza in materia di e-cig, che dissolverà un po’ della fitta coltre di nebbia legislativa che la circonda.

Pare che la direttiva ricalcherà il parere suggerito dal Consiglio Superiore di Sanità che, pronunciandosi lo scorso 4 giugno, aveva raccomandato cautela e soprattutto di bandire slogan quali «fa smettere di fumare» o «non fa male», frenando gli entusiasmi di chi (circa il 47%) crede che svampare sia innocuo.

Il Consiglio Superiore di Sanità, in quell’occasione, aveva altresì denunciato l’assenza di una regolamentazione a riguardo.Si va, quindi, verso una conferma del divieto sia ai minori che nelle scuole ma non nei luoghi pubblici, come è avvenuto invece in Francia. Dunque, il ministero della Salute sembra intenzionato a discostarsi dalle misure contenute nel testo approvato di recente dai ministri della Salute Ue che, nello stilare una direttiva sul tabacco, hanno previsto norme anche per le e-cig.

Per l’Ue la discriminante è rappresentata dalla nicotina: quelle che ne contengono un dosaggio uguale o superiore ad 1 milligrammo, vanno vendute esclusivamente in farmacia e considerate alla stregua di farmaci, sotto 1 mg, invece, si tratta di prodotti di tabacco, da regolarsi dunque con le relative avvertenze. Il vero nodo da sciogliere sta proprio nella definizione delle sigarette elettroniche: prodotto da fumo o prodotto medico?

Se lo si definisce un prodotto da fumo allora vanno applicate tutte le norme valide per le sigarette normali, quali il divieto nei luoghi pubblici, la vendita consentita  esclusivamente nelle tabaccherie e la tassa sul tabacco, ovvero l’accisa. Diversamente, si dovrebbe consentire la vendita del prodotto unicamente nelle farmacie.

Nell’ultimo periodo ad accendere nuovamente i riflettori sulla faccenda è stata la denuncia del settimanale «Il Salvagente» che ha spinto il dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, a condurre analisi accurate sui liquidi contenuti nelle e-cig.

I test hanno rilevato la pericolosa presenza di metalli pesanti, quali piombo, cadmio, cromo e arsenico, tossici o persino cancerogeni. Le reazioni sono state immediate: a seguito delle analisi, infatti, il pm di Torino, Raffaele Guariniello, ha aperto immediatamente un fascicolo di indagini, tuttora in corso.

Attualmente nel nostro paese, purtroppo, non esiste una normativa circa i liquidi da utilizzare, ergo ogni produttore è libero di seguire la propria personale direttiva.  I punti di vendita spuntano come funghi: le stime parlano di almeno 2mila negozi, che in alcuni casi vendono liquidi sfusi non sottoposti ai controlli dei NAS. Non esiste neppure un controllo sulla quantità di nicotina inserita: il dosaggio infatti cambia con la marca di produzione.

Secondo Federcommercio circa mezzo milione di persone si è convertito alla sigaretta elettronica, il cui prezzo oscilla fra i 60 e i 120 euro. Chi sceglie le e-cig, rinunciando alle sigarette normali, procura una riduzione negli incassi del Monopolio – stimata nel 2013 – per circa 700 milioni di euro. Un buco che rischia di divenire una voragine, se non arginato.

È per questo, infatti, che il Governo da tempo sta studiando un modo per applicare una tassa anche sulla sigaretta elettronica. Ci ha provato a novembre con il decreto ‘Sviluppo’, poi a dicembre con la legge di Stabilità, e l’ultimo tentativo non riuscito risale a maggio con un emendamento sui debiti della Pubblica Amministrazione.

Oggi l’unico divieto esistente è la vendita ai minori (introdotto dal ministro Balduzzi) che in qualche modo equipara le elettroniche al fumo. Tuttavia, prevedere un’accisa resta difficile dal momento che le e-cig non contengono tabacco, ma solo nicotina, che però non è tassata.

Inoltre poi, se si volesse consentire la vendita anche in esercizi diversi dalle tabaccherie, si dovrebbe chiedere loro di registrarsi ai Monopoli,  e questo potrebbe scoraggiare l’attività di molti nel settore, che oggi impiega circa 1500 persone.

                                                                                                                                

Antonella Tauro


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