“Rush”: sei un Lauda o un Hunt?

Rush

Circuito di Nurburgring, Germania. 1 agosto 1976. L’immagine di quel giorno è il fuoco, rosso e impenetrabile, che imprigionava Niki Lauda, pilota austriaco di Formula 1, che quella gara forse non voleva proprio correrla. La pista era bagnata, le ruote non avrebbero retto e ogni curva poteva essere fatale. Così è stato per Lauda: una manovra sbagliata, è bastato quello per fargli perdere il controllo dell’auto, mangiata dalle fiamme.

Niki Lauda da quell’incidente ne uscì sfigurato, ma non per questo abbandonò le piste. A quarantadue giorni dall’accaduto, Lauda tornò a correre, con evidenti difficoltà, per difendere il primato nel mondiale di quell’anno. Le cose poi sono andate diversamente, il destino ha scritto un finale inaspettato, che avrebbe incoronato campione del mondo il suo rivale storico: James Hunt.

Chi quei giorni li ha vissuti dietro una TV, lontano dal trambusto delle auto, sicuramente non conoscerà i retroscena di quella battaglia per la fama di due uomini così diversi. Ci ha pensato il regista Ron Howard a rispolverare le cassette di trent’anni fa e a proiettare il tutto, con colori più nitidi, sul grande schermo.

“Rush” è un viaggio nelle vite di Lauda e Hunt: dal primo incontro-scontro in F3, al mondiale del ’76, passando per l’approdo in F1 e l’incidente dell’austriaco. Vite parallele di due uomini, ancor prima che sportivi, che si esprimono al meglio su piste mortali. I dati di quell’epoca confermano che su venticinque piloti partecipanti alle corse, ne morivano almeno due. Correre per ammazzarsi è follia, lo sanno anche loro. Eppure gli riesce così bene.

Lauda lasciò la sua famiglia e si costruì il futuro pezzo dopo pezzo, senza sbagliare un colpo. Non si limitava a guidare un’auto, ma la plasmava a suo piacimento. Era un computer umano, severo, meticoloso e antipatico ma estremamente abile. Hunt era bello, pieno d’amici, narciso, ubriacone, instancabile seduttore, esperto nel nascondere le proprie emozioni.

Immaginate allora due fili sospesi nel vuoto. Ecco, lì sopra ci sono Lauda e Hunt che si strattonano e si lanciano occhiate dalle loro auto. E immaginate quanto sia difficile rimanere in equilibrio a quella velocità, superando divorzi, ricoveri in ospedale, sbornie, ferite, sconfitte.

Vedere “Rush” vuol dire fissare Hunt e Lauda negli occhi. Vuol dire togliergli il casco ed entrare nelle loro case, nelle loro teste, nei loro amori. Anche chi di auto, o di sport in generale non è esperto, diventa testimone appassionato di una delle vicende più importanti della Formula 1. Il risultato è uscire dalla sala e sapere che quei fili non si sono spezzati ma solo intrecciati, per instaurare definitivamente quella che fu una grande amicizia.

“La gente ci ha sempre visto come due rivali, ma lui mi piaceva, era una delle poche persone che apprezzavo e una delle pochissime che rispettavo e ancora oggi rimane l’unico che abbia mai invidiato!” (Niki Lauda). 

Irene De Dominicis


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