Il fascino di via Foscari tra toponomastica, storia e leggenda

Via Foscari (2)

Non è facile percorrere in automobile via Foscari. Quel tratto di strada che collega la contrada Casale con la contrada Orreano, in territorio di Mirabella.

Occorre essere autisti esperti per disbrigarsi su quel viale stretto e pieno di avvallamenti, con le radici secolari degli alberi che emergono dal tracciato sconnesso. Non è facile, certo, ma è sicuramente affascinante. Ti richiama in quel luogo il desiderio di incontrare la natura in modo ravvicinato e la possibilità di riscoprire gli odori e i sapori di un tempo.

Incamminarsi, magari di notte, lungo quella strada buia e dissestata; in quel luogo dal nome esoterico ed enigmatico, costituisce una intrigante seduzione, un’avventura tutta da raccontare! Il nome stesso della località suscita nella fantasia dell’escursionista il sentimento giovanile dell’avventura.

Ai cittadini di Mirabella basta allungare lo sguardo per indovinare, lungo le pendici della collina, quel percorso misterioso, che dolcemente si inerpica verso contrada Orreano e strizza l’occhio alla città da settembre a settembre. Per riscoprire il luogo della memoria.

Per godere la vista di un paesaggio incontaminato. Per ricordarsi di  Callimaco, di Catullo, di Virgilio, di  Goethe, di Carducci e di tanti altri poeti illustri, che hanno mostrato interesse e sensibilità verso luoghi come questo e li hanno celebrati nei loro versi immortali.

Purtroppo i tempi sono cambiati e le strade rurali devono essere adeguate alle mutate esigenze dei cittadini. Devono essere percorribili ai mezzi agricoli e a quelli del trasporto civile: ai trattori come alle automobili.

Ma in località Foscari il cemento che avanza, a dispetto del vincolo idrogeologico che interessa  la collina, ancora non impedisce ai rami delle querce secolari e dei pioppi di chiudersi come una galleria a cielo aperto sul viale che profuma di violette a primavera, di pane in estate, di mele cotogne in autunno e, durante l’inverno, di presepe. L’arrogante mano dell’uomo non ha distrutto il fascino di un tracciato bucolico, che merita di essere custodito, unitamente al suo ermetico toponimo.

Lo studio dei nomi attribuiti ai luoghi nel corso del tempo, dalla preistoria fino ad oggi, appartiene in linea di massima alla toponomastica. Compito di questa disciplina è quello di fornire l’etimologia dei nomi e tutti i possibili dati relativi alla frequentazione di un determinato territorio.

Oltre a recare un valido contributo alla topografia, la toponomastica, è anche l’archivio più antico della storia. Un archivio a cielo aperto, dove  si conservano ruderi e frammenti di paleontologia linguistica, capaci di proiettare barlumi ed anche raggi rivelatori, che penetrano nei punti più oscuri della storia e, talvolta, nelle più fitte tenebre della preistoria.

Infatti ciò che sappiamo di certo o di probabile intorno agli antichi abitatori delle nostre terre lo dobbiamo non tanto all’archeologia  e alla critica delle fonti, quanto alla linguistica, e specialmente alla toponomastica.

La toponomastica, infatti, spiando anche la dove perirono i monumenti e le consuetudini, stabilisce le affinità storiche di un popolo e ne sorprende la presenza in un dato periodo e in una data regione. Per tutti questi motivi una completa rassegna toponomastica rappresenta la migliore illustrazione delle origini di un paese. Uno dei modi, tra i più interessanti e non banali, per entrare in contatto con la storia di una città, specialmente se antica, attraverso l’osservazione dei nomi delle strade, dei vicoli e delle piazze.

Solo allora ci rendiamo conto che i toponimi raccontano fatti e, talvolta, leggende; ricordano personaggi importanti ed eventi straordinari; accadimenti memorabili e immani tragedie. Lo storico e prima di lui il paesologo, di una città deve conoscere la toponomastica.

E’ molto antica l’origine dei toponimi eclanesi: alcuni affondano le radici addirittura nella mitologia. Altri sono connessi con le denominazioni dei conquistatori che si sono succeduti nel nostro territorio, dai Fenici agli arabi, dagli aragonesi ai normanni. Altri ancora discendono da remote origini indoeuropee, peraltro comuni a tutte le lingue occidentali; molti toponimi, infine, si ricollegano alla geomorfologia o alle caratteristiche climatiche dei luoghi.

Fuori dal centro abitato i toponimi sono molto più difficili da decodificare. Vuoi per le profonde modificazioni fonetiche, vuoi per le alterazioni morfologiche, determinate dal trascorrere dei secoli e dalla fantasia creatrice dei contadini.

A parte quelli legati al feudalesimo o alla specificità del luogo come Difesa, Cesine, Bosco, Iscalonga, Petrara, Trevico, Orreano ecc.  molti altri presentano profonde  alterazioni nella loro struttura morfologica. Sono tali da richiedere l’intervento della glottologia, della linguistica, dell’antropologia culturale e della storia. E’ il caso del toponimo Foscari, che solo attraverso un racconto storico o leggendario è possibile decodificare in modo compiuto e creativo.

In verità la sua origine non è molto antica. Infatti nell’Inventarium quorocumque bonorum monasterii Sancti Blassi de Mirabella  del 1364,  riportato da don Pasquale Di Fronzo alla pagina 60 del suo testo “Vicende Storiche della Comunità ecclesiale di Mirabella Eclano” il toponimo Foscari non è ancora presente. Il redattore dell’inventario passa direttamente da Casale a Orreano senza  nominare Foscari, che non compare né come via né come contrada.

Pertanto l’ipotesi secondo la quale il nome di quel tratto di strada sarebbe derivato dalla presenza in loco del doge Francesco Foscari acquista una sua speciale valenza.

 Sappiamo infatti che il doge predetto nel 1401 di ritorno dall’Oriente, dove per alcuni anni era stato ambasciatore del sultano Maometto I, si era fermato per rifornirsi presso il Casale di Aquaputida, che all’epoca era piuttosto fiorente.

A differenza del centro abitato che era stato devastato dalle incursioni di eserciti mercenari assoldati dallo Stato Pontificio e dal regno di Napoli in lotta fra loro, il Casale si era ripreso piuttosto rapidamente potendo contare su un territorio collinare molto fertile oltre che su un mulino ad acqua capace di soddisfare le esigenze delle popolazioni limitrofe.

Nei documenti giacenti presso l’Archivio Parrocchiale di Mirabella Eclano il toponimo Foscari risulta compreso tra via Casale e via Orreano. In forma scritta lo troviamo riportato per la prima volta nello stradario comunale elaborato dopo l’unità d’Italia, che sopravvive grazie ad una copia redatta a mano dal compianto impiegato comunale Ludovico Silano negli anni sessanta del secolo scorso.

A nostro parere dunque l’origine del toponimo Foscari, che fa riferimento all’illustre casato veneziano, risale alla seconda metà dell’Ottocento. Quando la gestione del Decurionato locale fu affidata ai discendenti di quelli che erano stati i giacobini e i liberali del 1799 e del 1820.

L’ipotesi suggestiva che noi riteniamo di poter avanzare riguarderebbe un episodio verificatosi proprio in quegli anni.

Proveniente da Ariano di Puglia dove si era recato verosimilmente per incontrare il poeta irpino Pietro Paolo Parzanese, che in quei giorni stava traducendo in italiano alcune delle sue opere minori, il cantore inglese George Gordon Byron arrivò a Mirabella per una breve visita. Era il primo pomeriggio di un giorno di giugno del 1820 e lord Byron, che aveva da poco aderito alla Carboneria, desiderava conoscere l’abate Giuseppe Saverio Cappuccio e gli altri componenti della locale vendita carbonara denominata la fenice risorta sulle ruine di Eclano, di cui aveva sentito parlare durante i suoi numerosi viaggi nell’Italia centromeridionale.

Assistito da due servitori raggiunse la villa del Barone Sisinio Henrico in via Sant’Angelo, fuori dal centro abitato.  Qui ad attenderlo c’era l’avvocato Fabrizio Cappuccio, che gli disse di proseguire per il Casale dove, per prudenza, era stato fissato l’incontro.

Al Casale di Mirabella il poeta inglese vi giunse attraversando la fitta boscaglia  della località San Martino senza passare per la città, che pullulava di gendarmi borbonici. Qui giunto fu accolto da tutta la schiera dei carbonari mirabellani, che sotto la direzione del gran maestro Giuseppe Saverio Cappuccio celebravano i sacri riti della loggia e si preparavano per l’insurrezione imminente.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             Tra i presenti possiamo annoverare: il sac. Angelo Maria Mazzarella, don Michele Penta, don Vincenzo Apicella, don Pasquale Maria Sorrentino, don Matteo Imbriani, l’ avv. Pietrantonio Ruggiero, l’ avv.Fabrizio Cappuccio, il medico  Leonardo Penta e numerosi altri adepti di cui i documenti storici non riportano i nomi. Seguì un pranzo sontuoso basato sui sapori e i profumi della località, durante il quale il poeta inglese non mancò di infiammare i presenti con tutto il fervore  patriottico di cui era capace.

Nel pomeriggio i convenuti pensarono di fare una passeggiata romantica lungo la verdeggiante stradina che portava verso via Orreano. Nella circostanza lord Byron pensò bene di leggere ai convenuti alcuni versi dell’opera che stava scrivendo e che si intitolava I due Foscari.  L’effetto di quell’incontro e soprattutto dei versi, che il poeta recitò con l’inquietudine e il patos di cui era capace, rimase a lungo nei cuori e nella mente dei presenti, che alcuni decenni dopo pensarono di chiamare con il nome Foscari il breve tratto di strada che avevano percorso in compagnia del poeta!

Edmondo Pugliese


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