«Essere o non essere»… i giovani tra disagi, sogni e realtà

essere o non essere

«Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire e nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare» .

Una delle frasi più celebri della letteratura di tutti i tempi, tratta dall’Amleto di William Shakespeare, scritto intorno al 1600, riesce, ancora oggi, nella sua atemporale attualità, a descrivere questo difficile momento di crisi di identità e di valori giovanili.

Generazioni intere combattute tra l’essere o non essere, tra il sognare o accettare la dura realtà odierna, combattere o arrendersi dinanzi ai troppi problemi materiali ed esistenziali che affliggono i nostri cuori, fiorire o appassire al cospetto di una terra arida dove è più facile perdersi nella nullità dei valori troppo spesso dimenticati oppure non considerati, dove ascoltare è raro, e sentirsi soli in mezzo agli altri  in un mondo infinito ma piccolo, è una sensazione più che mai condivisa dalla maggior parte dei partecipanti di  questo spettacolo, di comparse  più che mai confondibili e vaghe .

Le nuove generazioni devono lottare contro tanti fattori che, giorno dopo giorno, rendono sempre più difficili le loro condizioni. La difficoltà di trovare un posto di lavoro  e quindi un reddito che li renda autosufficienti, porta  i giovani a sentirsi frustrati spesso in modo umiliante; la carenza di alloggi rende loro difficile programmare il futuro e li porta a procrastinare la vita nella dimora paterna, deludendoli nel bisogno di autonomia e di libertà di esperienza, il crollo di tante certezze e ti tanti miti porta ad una crisi di valori ideali per cui tutto appare contingente, le istituzioni già troppo spesso lontane dal Paese reale, appaiono ai giovani distanti, incapaci di risolvere o soltanto capire i loro problemi.

E’ chiaro che tutto questo porta i giovani ad isolarsi e ad avvertire un senso di smarrimento e ad una crisi di identità, a volte così forte che l’unica soluzione sembra essere la fine per cercare un nuovo inizio.

Se un ragazzo pieno di vita arriva a pensare che è più facile arrendersi che lottare, significa che qualcosa, anzi che più di qualcosa non funziona, che non si pensa al futuro con ottimismo e che non si crede nelle proprie capacità a sufficienza perché assolutamente non stimolati dal resto che ci circonda.

Negli ultimi anni la nostra comunità  si è trovata  dinanzi a disagi gravi, tragedie non previste e il più delle volte il nostro unico interrogativo resta «perché?».

Sempre all’indomani dell’irreparabile, siamo bravi a cercare motivazioni ed ad essere solidali, ma quante volte chiudiamo i nostri cuori?

Quante volte, anche percependo una richiesta di aiuto, restiamo indifferenti?

E quante volte ancora ci risulta più semplice indirizzare verso il viale dell’emarginazione un ragazzo con problemi anziché cercare di integrarlo?

Tutta la nostra indifferenza rappresenta la risposta al perché una persona reagisce scegliendo di non essere. Mi chiedo quando la famiglia non è sufficiente a colmare i bisogni d’anima di un giovane, dov’è la Chiesa, dove sono le Istituzioni?

Questa società ci ha portato benessere materiale, ci ha  liberato da tante malattie, ci consente di poter comunicare in un attimo con il resto del mondo, ma il Dio denaro ha svuotato lo spirito degli uomini, ha mercificato i sentimenti, ha trasformato tutti gli oggetti in consumo, ci ha illuso che anche la felicità, diventi un “trip” (viaggio), che possa essere raggiunta mediante il consumo di sostanze stupefacenti, attraverso propagande accattivanti degli spacciatori, ambigui  venditori di “estasi-morte”.

L’uomo non vale per quello che ha, come vorrebbero farci credere i persuasori occulti del consumismo, ma per quello che è  o per quello che sa. Soltanto prendendo coscienza di questo poi si può avere la  possibilità di ritrovare una dimensione umana e di non essere solo dei  “terminali” di messaggi pubblicitari.

«Essere o non essere, questo è il problema» e il principe Amleto si chiede se sia più giusto sopportare il dolore, l’indifferenza, la solitudine, vivendo in modo omertoso, oppure agire combattendo per salvare e vendicare i valori che ognuno di noi ritiene fondamentali.

E’ la consueta incertezza tra pensiero e azione che  affligge anche l’uomo contemporaneo. Infatti Amleto è considerato l’eroe moderno, non solo perché si pone il  problema dell’esistenza ma  perché vive nel costante dubbio di cosa sia giusto o sbagliato, se è più importante essere – appunto- o apparire.

I giovani sono legati a questo costante dubbio, a volte si perde  parte dell’esistenza, nell’incapacità di effettuare una scelta, ed è questo che più di ogni cosa danneggia, perché non si è capaci né di essere e né di apparire, si vive in balia degli eventi e troppo deboli si cede alla tentazione della fine o di qualcosa che ad essa si avvicina.

E si cresce senza una linea guida, diventando figli di una società in cui ci si rispecchia a pieno nell’essere indefiniti e incapaci di dare al mondo qualcosa per cui vale davvero la pena esistere.

“Essere” è una di quelle parole infinite, dove si può includere tutto, dove è lecito qualsiasi manifestazione dell’anima. Ad esempio dare, ascoltare, lottare, vivere, aiutare ed amare. Così come è difficile rinchiudere in una sola persona tante caratteristiche perché questo comporta  a delle rinunce, a dei sacrifici enormi, ma non è essenziale averle tutte per essere qualcosa, a volte ne basta una.

L’importante è che essa colori di significato il proprio io, perché ogni persona che sceglie di “essere” migliora non solo la propria vita ma anche quella di coloro che gli sono vicini e per  non sentirsi persi, soli e stanchi  è necessario scegliere.

Aiutiamo gli altri quando notiamo che questo dubbio li flagella, perché c’è sempre tempo per scegliere, quando si è vivi non è mai troppo tardi per diventare eroi. Non continuiamo a restare sconfitti davanti a queste tragedie e a questi inutili “perché”, combattiamoli per cercare di ridurre al nulla le possibilità che un uomo della nostra Comunità, piuttosto che del mondo, scelga di non essere e di  lasciarci ancora più soli.

Maria Esposito


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