Come cadere… e quando si deve cadere…

moto

E’ universalmente noto che la prima regola dell’andare in moto è quella di non cadere!

Ma noi siam gente temeraria e le regole son fatte, in fondo in fondo, per essere brutalmente infrante.

Diventa allora importante essere in grado di portare a casa la pellaccia o, per lo meno, la maggior parte possibile di essa, mi prendo la responsabilità di riunire qui i punti salienti della questione (ma se vi fate male non venitemi a dire che è colpa mia).

Per generalizzare, diciamo che tutte le cadute sono differenti tra di loro e, mentre in pista una buona tecnica di caduta (ma andateci piano con gli allenamenti, mi raccomando) può quasi sempre permetterci di uscirne con le nostre gambe, su strade aperte al traffico la fortuna fa la sua porca parte…

Quando ci si rende conto che la caduta è inevitabile (e spesso ce ne accorgiamo che già stiamo arando con la testa l’asfalto) è importante lasciare subito la moto. Subito, ho detto, tanto non la rimettete in piedi con un colpo di reni. La motina, offesa per il vostro comportamento scriteriato, potrebbe far di tutto per vendicarsi: cadervi sulla faccia, schiacciarvi le gambe o trascinarvi per un bel pezzo. C’è sempre tempo per fare la pace con lei.

 In caso di caduta laterale, come nella tipica perdita di aderenza all’anteriore, bisogna cercare di rotolare liberamente, senza cercare – almeno in un primo momento – di fermare il moto rotatorio con le braccia o le gambe che, quasi inevitabilmente, si spaccherebbero… e noi non vogliamo che succeda. La testa va portata in avanti, cercando di toccare lo sterno con il mento ed inarcando la schiena, in modo da evitare movimenti strani che possano spaccare le povere ossa del collo con conseguenze immaginabili. Il casco sbatterà sicuramente ed è consigliabile tenere la bocca chiusa per evitare di tagliarsi la lingua con un morso: se non soffocate comunque la fonazione sarà per sempre limitata e non potrete mai raccontare di come vi siete salvati dall’incidente. Le braccia dovrebbero essere portate verso il bacino e le mani rivolte con il palmo verso l’interno (perché, da buoni volponi, ci abbiamo pensato prima ad avere un buon paio di guanti con il dorso ben protetto).

Le gambe van tenute chiuse e leggermente piegate sempre per evitare che si spezzino come i bastoncini dei ghiaccioli.

In caso di urto frontale (avete presente il vecchietto che esce con mezza macchina dallo stop? Bene, la colpa è spesso sua!), con relativo volo in avanti alla Superman, bisogna tener conto che è l’equivalente di un salto mortale in avanti.In questo caso l’urto ci proietterà in avanti e tenere per un attimo il manubrio ci permetterà di imprimere al nostro corpo il moto rotatorio che ci servirà poi per non cadere di muso sull’aslfalto. Per evitare torsioni anomale che potrebbero spaccare più ossa nelle vostre braccia e spalle di quante ne conosca il vostro amico iscritto a medicina l’ideale sarebbe mollare il manubrio nel momento in cui gli siamo sopra. Idealmente, a questo punto, bisogna trasformarsi in veri circensi ed atterrare sulla schiena (perché, da bravi volponi, ci siamo messi pure le protezioni sulla schiena). A quel punto tentare di scivolare come una tartaruga sul guscio è un passatempo pressoché obbligato, stando ben attenti a tenere sempre la testa e le gambe in alto per evitare di cappottarci ulteriormente, nel qual caso, perso definitivamente lo status di tartaruga bisogna arrangiarsi e cercare di rotolare in maniera da ridurre la forza cinetica e da esporre meno parti vulnerabili possibili.

L’ultimo tipo di caduta è quella posteriore, tipica delle impennate eccessive e delle zavorrine troppo distratte in accelerazione.

Se siete destinati a guardare la vostra moto che se ne va senza di voi, il modo migliore di farsi meno male possibile è quello di cercare di fare una sorta di capriola all’indietro in modo da ritrovarsi sulle ginocchia o sdraiati. Cercare di tenere la moto che ha già deciso di andare su una ruota sola fino al prossimo bar in solitaria non può far altro che farvi cascare di faccia sull’asfalto.

Se si cade in strade aperte al traffico i pericoli sono moltiplicati e le possibilità di non farsi male calano a dismisura. Come regole generali bisogna cercare di non invadere la corsia opposta e di non scontrarsi contro il guard-rail che è stato affilato la sera prima. Appena possibile, se è possibile, è di vitale importanza togliersi dalla strada, per evitare di finire investiti dall’automobilista che, ignaro, sta arrivando… Non c’è nessuna fretta di toglierti il casco: sempre meglio che siano persone competenti a farlo, una volta arrivati i soccorsi.

Notare che l’asfalto è fatto apposta per avere un buon grip: anche se cadiamo per via della strada liscia comunque funziona come della ruvidissima carta vetrata. L’abbigliamento tecnico idoneo è fatto apposta per proteggervi dalla sua azione abrasiva quindi, se proprio non ci tenete a vedere come siete fatti dentro è sempre meglio usare dei buoni capi tecnici… dove siete coperti da un capo protettivo potete comunque farvi male. Dove il capo tecnico non c’è siete sicuri di uscirne ammaccati o scartavetrati.

Un’ultima considerazione: cercare di ammortizzare la caduta è una buona idea… nella caduta laterale, in particolare, l’avambraccio e il gomito dovrebbero toccare prima della spalla, ma non con un angolo tale da spaccarci tutte le ossa della spalla stessa.

Dopo una grattatina rituale vi saluto e mi auguro che ora ne sappiate un pò più di prima…

Gianpiero Scala


Print pagePDF pageEmail page
Print Friendly, PDF & Email