“E l’eco rispose”, il nuovo romanzo di Khaled Hosseini

E l'eco rispose
Chiunque, dal bambino all’anziano, se conserva un barlume di luce ancora fulgido negli occhi, custodisce un oggetto, piccolo o grande che sia, capace di contenere segreti, paure, amori, storie. Un oggetto, come una foto o una lettera, che attira lo sguardo e innesca ricordo ed emozione. Tutto ciò che riesce ad incunearsi nella pelle con un solo sguardo, può farci emozionare. Anche una vecchia scatola da tè di latta con la chiusura arrugginita. Una scatola di latta che contiene frammenti di vita, o meglio, delle piume.

“E l’eco rispose”, il nuovo romanzo di Khaled Hosseini, autore di “Il cacciatore di aquiloni” e “Mille splendidi soli”, è come un contenitore di piume. Ogni piuma, con le sfumature del proprio colore, tesse i confini dell’anima umana.
La scatola ne è piena: una penna bianca della coda di un colombo incarna l’anima elegante e mai banale di Nila Wahdati, affascinante poetessa che ripone i sui pensieri erotici e carnali nei suoi scritti; una penna di gallo verde e rosso scuro ricorda l’estro di Suleiman Wahdati quando si tuffa nell’ombra della sua enorme casa per disegnare tratti di quello che lui chiama amore; una piuma di passero, bruna, punteggiata di macchie scure, le stesse macchie che compaiono sulle mani di Sabur, padre di Pari e Abdullah, quando lavora la terra con la fronte scottata dal sole; poi c’è una piuma verde di pavone con un grande occhio sulla punta. Quest’ultima è la più importante, perché rievoca i grandi occhi del piccolo Abdullah che si soffermano, gioiosi, sulla finestrella che si apre tra i denti quando la sua sorellina, Pari, sorride.
Forse, per quanto la scatola di latta sia traboccante, non ci sono abbastanza piume per delineare i volti e le anime dei protagonisti di “E l’eco rispose”. Troppi, come troppe sono le emozioni di una storia che si dirama come un grande albero di quercia cui fissare un’altalena.
In ogni pagina, l’eco delle montagne narra di come le persone vivano, quasi inconsapevolmente, il peso di una scelta lontana. Una scelta che ha portato ad una lacerazione che Abdullah vede ogni mattina, ancor prima di scorgere la luce del sole. La stessa lacerazione che contorce lo stomaco di Pari, che non trova cure a questo suo acerbo vuoto che grava col suo peso inconsistente sulle sue lunghe e deboli braccia.
Il tempo farà correre questa storia assieme al vento. La porterà in Francia, in Grecia, in America, per poi farla ritornare, ogni tanto, in una Kabul sempre sotto assedio. Tutti sono testimoni inconsapevoli di un male che ancora si fa sentire. Tutti sono coinvolti in una perdita grande come il mare che divide Pari e Abdullah.

Irene De Dominicis


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