“Ponte Appiano”, costruito sul fiume Calore, congiungeva Aeclanum a Beneventum

Ponte Appiano
Non lontano dalla città di Mirabella Eclano, al confine delle provincie di Benevento ed Avellino, nelle vicinanze dell’odierna Apice, in località del Cubante, la Via Appia Antica attraversava il fiume Calore su un ponte monumentale congiungendo Beneventum ad Aeclanum.

Il Ponte sul fiume Calore risalente al 20 A.C. , in origine si presume fosse in legno e successivamente, a seguito di sopraggiunte nuove necessità, le Autorità di Roma decisero di costruire una struttura più resistente in grado di sostenere l’aumentato traffico di mercanti, soldati, pellegrini (i pellegrini si dirigevano al santuario pagano dell’Irpinia dedicato alla Dea Mefite).
La struttura del ponte è probabilmente di età Traianea.
La Via Appia fu la prima strada consolare romana costruita in epoca repubblicana. La sua realizzazione, avvenuta in diverse fasi, consentì il collegamento fra Roma ed i più importanti centri del Samnium e dell’Apulia: Santa Maria Capua Vetere, Benevento, Eclano, Venosa, Taranto, Brindisi.
Per secoli, il ponte Appiano, ha subito la furia distruttrice delle acque del fiume Calore che è stata naturalmente causa, non solo di parziali mutamenti del corso del fiume, ma anche di continui rifacimenti del ponte stesso in diverse epoche.
Circa le caratteristiche, il Ponte, lungo circa 142 metri ed alto nella sua parte centrale circa 13 metri, era stato costruito con un andamento a schiena d’asino con tre piloni centrali costruiti nell’acqua ed altri quattro, due per ogni lato, costruiti sul terreno per dare maggiore resistenza al ponte quando la forza dell’acqua era eccessiva.
Si tratta di un ponte-viadotto spettacolare che è passato un po’ inosservato negli studi. Era l’asse di sviluppo dell’economia antica di tutta l’Italia Meridionale e lungo questa via circolavano i numerosi prodotti che dalla Grecia arrivavano a Roma. Questo all’epoca, costituì motivo di presenza, lungo questa tratta, data la posizione isolata, di briganti che agivano per sottrarre prodotti, assaltando ed anche uccidendo i viandanti.
Attorno ad uno dei piloni sporgeva, come si apprende da un sopralluogo pubblicato nel 1911, un grosso lastrone di pietra viva collocato orizzontalmente, nella cui faccia superiore apparivano in bei caratteri epigrafici le ultime lettere di varie linee di una iscrizione latina.
Ancora oggi, nell’ammirare i resti del ponte, si possono intravedere cornici decorate in laterizio e mensole in calcare sporgenti negli spigole tra le arcate, a testimonianza della presenza di pregevoli opere architettoniche ed artistiche.

Clorinda De Feo


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