Quando il gioco si fa patologico è allora che i veri duri dovrebbero smettere di giocare

FotoLudopatiaNegli ultimi tempi mi è capitato spesso di vedere interviste televisive e leggere articoli di giornale in cui vengono raccontate storie di persone che hanno rovinato l’equilibrio di intere famiglie a causa del “vizio” del gioco. Tali storie sembrano provenire da lontano, da realtà piuttosto distanti dalla nostra. Se però ci guardiamo intorno con attenzione possiamo osservare con assoluta amarezza che, purtroppo, la dipendenza dal gioco d’azzardo è un fenomeno che ci riguarda da vicino, molto di più di quanto si possa immaginare.
La ludopatia infatti, intesa per definizione come l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, non è solo un fenomeno sociale ma può essere considerata a tutti gli effetti una vera e propria malattia. Si continua spesso a parlarne in relazione alle conseguenze, anche piuttosto serie, che è in grado di produrre sulla salute ed in particolare sull’equilibrio mentale, infatti nella ludodipendenza il significato vero del gioco viene completamente ribaltato e dall’originale senso di creatività e apprendimento di regole, attribuibile al termine, si passa a quello di schiavitù ed ossessione.
E’ però importante sottolineare e comprendere la differenza che intercorre tra il ‘vizio’ del gioco ed il gioco patologico, che del vizio stesso risulta essere la conseguenza. Il vizio, infatti, è uno stato volontario in cui l’individuo persegue il piacere attraverso atti frequenti (e tendenzialmente nocivi), mentre il gioco patologico, come in tutte le dipendenze, presenta una forte componente inconscia durante la quale il giocatore perde ogni contatto con il tempo e la realtà. In tale condizione sono presenti sintomi di tolleranza, come il bisogno di aumentare la quantità di gioco, sintomi di astinenza, come vero e proprio malessere legato ad ansia ed irritabilità e sintomi di perdita del controllo che si manifestano attraverso l’incapacità di smettere di giocare. Quindi, come tutte le droghe, anche il gioco è in grado di produrre dipendenza portando il ‘giocatore’ in un circolo vizioso verso l’autodistruzione.
Andando indietro nel tempo si osserva che il gioco d’azzardo è stato sempre strettamente legato alla storia dell’uomo per il quale ha occupato un posto di rilievo, a prescindere dalle classi sociali, proprio in virtù della sua naturale propensione ad associare al gioco il rischio dei propri beni. Si pensa che i primi giocatori d’azzardo fossero gli egizi per via del ritrovamento nei reperti archeologici di dadi ed oggetti similari ma anche nell’antica Grecia ci sono tracce di narrazioni relative alle scommesse degli indovini sui giochi olimpici.
Nella Roma Imperiale il gioco occupava una posizione rilevante, era possibile infatti scommettere sui combattimenti dei gladiatori e sembra che gli imperatori Claudio, Nerone e Caligola avessero la fama di grandi scommettitori. Molto più recente (1638) è la comparsa a Venezia della prima casa da gioco, cui sono seguiti negli anni il casinò di Montecarlo (1861), il casinò di Sanremo (1906) ed il casinò di Las Vegas (1946), città quest’ultima divenuta capitale mondiale del gioco d’azzardo. La diffusione globale di tale gioco trova conferma anche nella stessa etimologia del termine “azzardo” derivante dal francese “hasard”, parola di origine araba che a sua volta deriva dal termine “az-zahr” che designava il “dado”, uno dei più antichi oggetti a cui si lega la tradizione del gioco di scommessa.
In Italia, come negli altri paesi europei, i numeri relativi al gioco d’azzardo sono allarmanti, sebbene l’opinione pubblica ancora non riconosce o non avverte la portata del fenomeno e le conseguenze di una dipendenza che si innesca già in giovanissima età.
Secondo un’indagine “L’Italia in gioco”, condotta da Eurispes, gli italiani coinvolti nel gioco lecito sono circa 35 milioni per una spesa complessiva che, negli ultimi sei anni, si aggira intorno ai 194 miliardi di euro. A favorire questi numeri è stato, da un lato, il significativo incremento dell’offerta di gioco, proposto come semplice attività ludica, dall’altro invece la semplicità e la crescente possibilità di scelta così da rispondere sempre di più alle simpatie dei giocatori, che hanno ovviamente diverse personalità e quindi differenti inclinazioni.
Il profilo del giocatore d’azzardo è piuttosto variabile, infatti, si va dall’amante della trasgressione da gran salone, come quella dei giochi da Casinò e delle Slot-machine, all’appassionato dei videogiochi che si lascia conquistare dai sempre più diffusi Videopoker. Esiste poi l’appassionato dei giochi d’azzardo popolari come le lotterie, i ”Gratta e Vinci” e le schedine fino al Bingo, considerato come la trasformazione del gioco della tombola, in grado di conquistare anche interi gruppi di giocatori, grazie al suo profondo legame con una tradizionale usanza festiva a dimensione familiare.
Il tutto oggi viene reso ancora più semplice dalle nuove tecnologie, infatti, piuttosto che recarsi nelle sale da scommesse o nelle ricevitorie si possono effettuare scommesse direttamente online, se si dispone ovviamente di un collegamento internet o di una carta di credito.
Combattere la ludodipendenza è molto difficile poiché alla dipendenza fisica si unisce quella psicologica che è la più difficile da sconfiggere, anche in presenza di una forte volontà da parte dell’interessato. Proprio per questo motivo e data la complessità del problema molte ASL su tutto il territorio nazionale hanno attivato un Servizio di Prevenzione delle Dipendenze dal Gioco dov’è possibile rivolgersi a personale qualificato (psicologi e psichiatri) che saranno in grado di comprendere le cause del problema ed intervenire con una terapia, in alcuni casi anche farmacologica, definita “cognitivo-comportamentale”. In più, sulla base del modello americano, esistono gruppi di giocatori “anonimi” anche nella nostra penisola, dove si ha la possibilità di incontrare persone che condividono lo stesso problema oltre che personale specializzato.
Sebbene la ludopatia risulti difficile da trattare è possibile fare prevenzione e il primo aiuto al “giocatore” deve essere offerto dalle persone vicine affinché la situazione non degeneri, diventando dunque patologica. Segnali quali bugie, cambio di abitudini, segni di irritabilità soprattutto quando si affronta l’argomento specifico, la perdita di relazioni anche importanti, una sempre maggiore richiesta di denaro sono indice di una situazione che si sta aggravando. Bisognerebbe fermarsi un attimo a riflettere e capire che nel gioco d’azzardo si esce sempre sconfitti poiché a vincere è sempre il banco.
“L’eccitamento che un giocatore d’azzardo prova quando fa una scommessa è pari alla somma che potrebbe vincere moltiplicata per le probabilità di vincerla”. (Blaise Pascal)

Lino Moscato


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