Per chi scava la TRIVELLA…

Foto Eventi Trivellazioni 1
Difficile parlare di petrolizzazione in questa fase storica per l’umanità in cui, dalle stime dell’ ONU, sembra che entro il 2050 la popolazione mondialedebba raggiungere la cifra di nove miliardi di individui. Certamente non tutti vivranno nell’opulenza occidentale dettata dall’iperconsumismo capitalista che riduce l’uomo a consumatore quindi merce , ma quello dell’accesso agli strumenti tecnologici e alla mobilità in un mondo globalizzato, è un trend in crescita esponenziale, e il fenomeno di emulazione degli stili di vita occidentali pare sia ormai un connotato distintivo dei paesi emergenti che solo ora si affacciano con prepotenza sulla scena economica mondiale.

La conseguenza immediata di questi fenomeni è sicuramente l’aumento della richiesta di energia utile a produrre e utilizzare mezzi e strumenti tecnologicamente sempre piu avanzati che, se da una parte mettono in contatto immediato persone a centinaia di migliaia di chilometri di distanza, dall’altra richiedono una quantità sempre maggiore di energia per essere prodotti ed utilizzati.
Fatte queste premesse sembra lecito porsi alcune domande.
Riusciremo a garantire a 9 miliardi di persone l’accesso alle risorse tecnologiche e alla mobilità, riusciremo a sfamare 9 miliardi di bocche e a che prezzo, e cosa piu importante, per quanto tempo riusciremo a mantenere questi standard di vita?
È facile quindi immaginare come l’accesso alle fonti energetiche sia la preoccupazione di tutti gli stati nazionali, specialmente di quelli che vivono momenti di recessione economica.
Come puo una regione come l’Europa con i suoi 500 milioni di abitanti competere sul terreno della produttività con colossi come l’India o la Cina che superano abbondantemente il miliardo di individui?

Nel medioevo, una delle strategie militari di capitolazione del nemico piu efficaci era il controllo dell’accesso ai rifornimenti d’acqua.Controllando una risorsa fondamentale, nel medio-lungo periodo si costringeva il nemico alla resa.Con le ovvie differenze è un po quello che accade oggi, controllare le risorse significa annullare quel gap demografico che altrimenti sarebbe un arma formidabile in mano ai paesi emergenti. Destabilizzare intere aree, come accaduto per i paesi nordafricani, è funzionale al mantenimento dello status quo da parte dei paesi occidentali. Semplificando il ragionamento, se si assume il controllo delle risorse energetiche, come petrolio e gas, si mette un freno all’ascesa economica di paesi che, grazie ad un enorme forza produttiva, potrebbero facilmente assumere il controllo dei mercati economici globali.
Un vecchio slogan della sinistra radicale cosi recitava: “pensare globale, agire locale”, come contestualizzare quindi la vicenda delle trivellazioni in Irpina nello scenario mondiale?
Questo immaginario della ricchezza facile -nel giardino di casa magari- come l’evento che cambia la vita, ci è stato raccontato in tutti i modi possibili fin da quando eravamo ragazzini. Ricordo i personaggi della Walt Disney, gioiosi e saltellanti quando, per le cause piu disparate, si ritrovavano sotto una pioggia di liquame di color nero.
L’equazione petrolio=ricchezza veniva in questo modo declinata come opportunità proprio per giustificare l’accesso alle risorse dei territori, che in una società economica sempre piu liberista diventa un formidabile strumento in mano al capitalismo per produrre guadagno. Peccato però che quel guadagno si riveli profitto per pochi piuttosto che un opportunità per molti.
Basilicata docet; trent’anni fa era la regione con il più alto tasso di emigrazione e discuppazione d’italia. I petrolieri garantirono ricchezza benessere e sviluppo facendo credere alla gente di essere seduti su dell’oro e che quella fortuna li avrebbe resi tutti ricchi. Oggi la basilicata resta ancora la regione con il piu alto tasso di emigrazione e disoccupazione d’italia, nonostante trent’anni di estrazioni petrolifere.
Dove è andata quindi tutta quella ricchezza promessa? Chi ha beneficiato degli enormi ricavi della vendita del petrolio?
Di certo non il territorio che rimane una delle aree socialmente piu devastate ed ora anche più inquinate. Sono decine infatti le inchieste e altrettante le sentenze che dimostrano come trent’anni di estrazioni petrolifere abbiano corrotto in maniera pesante il sottosuolo, inquinando e compromettendo uno degli acquiferi piu grandi ed importanti d’Italia ovvero la diga del Pertusillo che rifornisce milioni di famiglie. I cittadini di quella terra hanno capito l’inganno e sono scesi in piazza a migliaia lo scorso 4 dicembre, assediando la regione rivendicando il diritto di decidere del proprio futuro. Un esempio da emulare.
Ciò nonostante, noi abbiamo bisogno del petrolio per far funzionare i mezzi agricoli, per far circolare i mezzi pubblici, per riscaldare le case, per permettere la mobilità, quindi dove prendiamo questa energia se vi rinunciamo?
Sicuramente la diversificazione e la ricerca di nuove fonti di produzione energetica, la nazionalizzazione del settore ora demandato in grossa parte alle speculazioni dei privati, e un sostanziale mutamento degli stili di vita che stiamo adottando, sono la strada da prendere.
La logica da adottare da parte dei governi centrali e locali deve essere quella delle produzioni di prossimità, in altri termini, produrre energia per quanta ne occorre, dove occorre, evitando di costruire mega impianti nella maggior parte dei casi utilizzati a singhiozzo, che favoriscono solo la speculazione economica.
A questo proposito è doveroso citare la vicenda degli enormi parchi eolici installati in altirpinia, esempio in negativo di mala gestione delle risorse energetiche; energia pulita, rinnovabile, prodotta in loco. Peccato pero che nemmeno 1 euro degli utili di quegli impianti, che lavorano a capacità estremamente ridotta, entri nelle tasche dei cittadini, in piu, grazie ai certificati verdi e ai CIP6 pagati nella bolletta energetica, le aziende si sono viste rimborsare anche i costi di installazione degli impianti.Oltre al danno la beffa quindi, in sostanza ci stanno rivendendo a caro prezzo un energia prodotta da impianti pagati dai cittadini in bolletta.
Vien da se pensare quindi come la partita in irpina sia estremamente importante, bloccare qui le trivelle significa mettere in discussione l’intera strategia di approvvigionamento energetico nazionale, vincere la partita in Irpinia vuol dire evitare il raddoppio delle estrazioni in Basilicata, vuol dire scongiurare la petrolizzazione dell’Adriatico, significa evitare l’off shore (petrolizzazione in mare) in Sicilia, perche se è vero che per mantere gli standard di vita che ci siamo imposti occorre produrre energia, è altrettanto vero che la cessione di sovranità di interi territori al dio delle multinazionali, risulta essere un prezzo troppo alto da pagare.
In Irpinia, poi, la vicenda assume connotati quasi kafkiani. I progetti della Cogeid ( azienda civetta con un capitale sociale incompatibile con la mole di quattrini che occorreranno per realizzare gli impianti) prevedono un pozzo esplorativo a 600 metri d’altezza, a 150 metri dall’abitato, in una zona con un fortissimo rischio sismico, in cui insistono degli acquiferi che vanno in parte a rifornire gli invasi di Caposele, Conza della Campania, Monteverde e la diga del Pertusillo; potete immaginare quale sia il rischio ambientale. Compromettere quegli acquiferi equivale a compromettere l’intero approvvigionamento d’acqua di buona parte del mezzogiorno d’italia, un rischio troppo alto da pagare in nome di un profitto che è solo appannaggio di pochi speculatori.
Altro capitolo va aperto riguardo il disastroso impatto economico che questo tipo di attività produrrebbe in una terra in questo momento a forte vocazione agricola. Ci sembrano assurde le scelte dei governi degli ultimi anni, che, utilizzando fondi strutturali europei, da una parte finanziano progetti di sviluppo di produzioni agricole di eccellenza, e dall’altra concedono concessioni di attività di estrazione di idrocarburi totalmente incompatibili con la vocazione del territorio.
Chi comprerebbe un formaggio, del vino o degli ortaggi prodotti un territorio in cui esiste il rischio di inquinamento dell’aria e dell’acqua? La politica, quella dei palazzi, in modi e tempi diversi, grazie al lavoro dei comitati, si è schierata in larga parte per il No alla petrolizzazione. Il tutto nonostante l’ignavia di certi deputati eletti con i suffragi dei cittadini di questa terra – che a chiacchere sui giornali si dichiarano No Triv – ma in Parlamento votano provvedimenti che di fatto aprono la strada ai petrolieri. Non si riesce, tuttavia, a mettere la parola fine alla vicenda, colpa delle decisioni del governo, che con il decreto legge Sblocca Italia di fatto esautora le regioni dal potere decisionale, aprendo la strada alle trivelle.
In passato purtroppo, la fame atavica di lavoro di questa terra, è stata la causa di scelte nefaste, la scelta ad esempio di un’industrializzazione scellerata e senza criterio come unica prospettiva di sviluppo economico, ha prodotto lo spopolamento dei nostri paesi. Questo perché col tempo le fabbriche sono state dismesse e i giovani, non avendo opportunità di futuro senza portare il panettone al politico di turno, sono andati via,consegnando a chi è rimasto una terra senza identità, terreno fertile per le scorribande dei petrolieri.
Bisogna recuperare l’identità perduta e dire basta al ricatto della fame operando anche scelte difficili, ma radicali. Dire “no” al petrolio equivale a dire “sì” alla vera vocazione di questa terra, significa dire “sì” all’agricoltura che sia di reddito o di sussistenza, al turismo, alla cultura, alla modernizzazione vera, e ad una industrializzazione radicale e radicata che tenga conto delle specificità del territorio. Un’industrializzazione che non sia più retaggio di una rivoluzione industriale declinata dai governi democristani nel cemento delle infrastrutture fantasma.
Chi scrive è un attivista del ‘comitato irpino no triv’. Spesso ci dicono che siamo contro il progresso, che vogliamo ritornare all’era della pietra. Divertente come questo giudizio, strumentale alla ridicolizzazione dell’avversario per mancanza di argomentazioni, sia dato da chi ritiene che una politica progressista sia quella di basare la strategia energetica su una risorsa vecchia di 1 secolo esauribile e non rinnovabile.
Quindi quale strada intraprenedre per evitare che questo ennesimo sfregio si consumi ai danni della gente di questa verde terra?
La mobilitazione e l’acquisizione di conspevolezza dei cittadini è l’unica strada per impedire a chi governa di utilizzare, come accaduto in passato, queste terre come feudi, come bacino di voti e clientele per mantenere le proprie rendite di posizione.
Solo assumendo la consapevolezza di non esser sudditi, che abbiamo la facoltà di decidere del nostro futuro, che il lavoro è un diritto e non una gentile concessione di qualcuno, e che lo sviluppo economico debba essere compatibile con quelle che sono le vere vocazioni dei territori nel rispetto dell’ambiente e dell’ecosistema, possiamo immaginare e costruire un futuro diverso.
Chi è rimasto in questa terra ha due strade: provare a resistere cercando di ritagliarsi il proprio spazio vitale in libertà, o soccombere alle logiche della clientela e chinare il capo. E’ una scelta di coscienza! A me piace pensare che questa terra noi non l’abbiamo ereditata dai nostri nonni, ma l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli e nipoti, e abbiamo il dovere di lasciare loro un territorio incontaminato, come quello che ci hanno consegnato i nostri padri. Noi proviamo a resistere e il 3 gennaio 2015 ci sarà un occasione per alzare la testa e far sentire la nostra voce. A Gesualdo abbiamo convocato una manifestazione regionale per ribadire senza se e ma, non solo il secco NO ALLA PETROLIZZAZIONE, ma per lanciare un idea diversa di sviluppo per questa Irpinia, non esistono strade necessarie, esistono scelte da operare, diciamo ai governi che questa terra vuole decidere del proprio futuro e che non accettiamo imposizioni dall’alto.
Ai petrolieri poi raccomandiamo una sola cosa, avete posato gli occhi su questa terra, ma siate cauti perche come si dice dalle nostre parti, SE INVADI LE MONTAGNE, STAI ATTENTO AI LUPI!

Genesio Panza
Coordinamento Irpino No Triv

Evento No Triv 1
Event0 No Triv 2


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