Il bullismo nella scuola: perchè alcuni bambini diventano bulli

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DEFINIZIONE DI BULLISMO

Il termine bullismo deriva dalla parola inglese “bullying”.

Secondo Dan Olweus “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni.” (Olweus, 1996)

Il termine originario “bullying” include sia i comportamenti del “persecutore” che quelli della “vittima” ponendo, dunque, al centro dell’attenzione la relazione nel suo insieme.

LE CARATTERISTICHE DEL BULLISMO

Intenzionalità di fare del male e mancanza di compassione: il bullo agisce con l’intenzione e lo scopo preciso di dominare sull’altra persona, di offenderla e di causarle danni o disagi.
Persistenza nel tempo: i comportamenti bullistici sono ripetuti nel tempo e si verificano con una frequenza piuttosto elevata.
Asimmetria della relazione: la relazione tra bullo e vittima è di tipo asimmetrico; c’è una disuguaglianza di forza e di potere, per cui uno dei due sempre prevarica e l’altro sempre subisce, senza riuscire a difendersi. La differenza di potere tra il bullo e la vittima può derivare dalla forza fisica, dall’età o da differenza di genere.
Mancanza di sostegno: la vittima si sente isolata ed esposta, spesso ha molta paura di riferire gli episodi di bullismo perché teme rappresaglie e vendette.
Conseguenze: il danno per l’autostima della vittima si mantiene nel tempo e induce la persona ad un considerevole disinvestimento dalla scuola oppure ad assumere a sua volta atteggiamenti aggressivi e prevaricatori.

LE FORME DI BULLISMO

Gli episodi di prepotenza si possono manifestare  con diverse modalità, più o meno esplicite.
Due sono le principali forme di bullismo: diretto e indiretto.
Il bullismo diretto è costituito da attacchi relativamente aperti nei confronti della vittima e può essere agito sia in modo fisico che verbale.
Il Bullismo diretto fisico consiste nel picchiare, colpire con pugni o calci, sottrarre o rovinare oggetti di proprietà, ecc.
Il Bullismo diretto verbale  implica  il deridere, insultare, prendere ripetutamente in giro, esprimere pensieri razzisti, estorcere denaro o beni materiali, ecc.
Il bullismo di tipo indiretto, invece, si gioca più sul piano psicologico, è meno evidente e più difficile da individuare, ma non per questo meno dannoso per la vittima. Esempi di bullismo indiretto sono l’escludere dai gruppi di aggregazione, il diffondere pettegolezzi fastidiosi o storie offensive, il danneggiamento dei rapporti di amicizia.

L BULLISMO AL FEMMINILE E AL MASCHILE

 Il bullismo è un fenomeno che riguarda sia i maschi che le femmine.
I maschi mettono in atto prevalentemente prepotenze di tipo diretto, con aggressioni per lo più fisiche, ma anche verbali. Tali comportamenti sono agiti nei confronti sia dei maschi che delle femmine.
Le femmine utilizzano in genere modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono prevalentemente verso altre femmine. Iniziano a 9-10 anni, pronte a imitare i loro compagni con ricatti, prese in giro, a volte alzando anche le mani. «Anche se quello femminile – è un bullismo più psicologico rispetto al modello maschile. È un sistema di relazioni aggressive, molto violente e che lasciano quelli che io chiamo “i lividi dell’anima”: sono più difficili da mandare via dei lividi veri».
Sempre più di frequente, in Italia il fenomeno del bullismo viene riconosciuto come uno spiacevole aspetto all’interno dei contesti scolastici.  Si assiste, soprattutto a manifestazioni di bullismo che coinvolgono sia bambini che adolescenti: “Durante la ricreazione, Alessandro, un alunno di seconda media, si avvicina a Luca e mentre con una mano gli torce il braccio dietro la schiena, con l’altra gli punta un coltellino sotto la gola costringendolo a ripetere davanti a un gruppo di compagni: ”Sono il tuo schiavo e tu sei il mio padrone”. Non siamo in una scuola del Bronx , ma in una scuola media del centro.
Il bullismo  è un “problema sociale”, la cui unica soluzione rischia di essere rintracciata nella repressione del comportamento aggressivo. Da qui la necessità di recuperare l’attenzione su queste manifestazioni di disagio infantile/adolescenziale in un ottica di prevenzione e di promozione del benessere personale e sociale.

Varie ricerche sull’argomento hanno evidenziato alcuni fattori che possono predisporre alcuni alunni ad assumere il ruolo di bulli:
Pensano che la prepotenza paghi; in qualche scuola i prepotenti sono ammirati dagli altri, riescono ad ottenere quello che vogliono ed hanno meno probabilità degli altri di essere vittimizzati.
Sono aggressivi ed impulsivi, il che li rende costituzionalmente più inclini ad intraprendere comportamenti da bullo.
Si compiacciono della sottomissione degli altri, trovano gratificante dominare gli altri e ottenere da loro accondiscendenza e complicità.
Fare i prepotenti è coerente con l’immagine potente o di duro; si tratta di uno stereotipo diffuso specialmente tra i maschi, ma sempre più anche nelle femmine.
Sembra una cosa divertente, specialmente quando si fa parte di un gruppo che molesta qualcuno.
Hanno livelli relativamente bassi di empatia, per cui il prepotente è insensibile all’evidente sofferenza degli altri.
Il pregiudizio li porta a credere che alcuni tipi di persone si meritino di essere prevaricati; ad esempio, persone di un gruppo etnico differente o ad orientamento sessuale diverso.
Una generale ostilità verso gli altri che è stata generata da esperienze negative con genitori e parenti, specialmente il sentirsi non amati e/o ipercontrollati.
Sono stati influenzati da “modelli” aggressivi, nella vita reale e/o guardando film e video violenti.
La vittima è percepita come se avesse provocato il trattamento negativo; comunemente, i bulli considerano il proprio comportamento prevaricatore come una “vendetta”.
Una monotonia cronica a scuola può portare comportamenti prevaricanti come mezzo per rendere la vita scolastica più interessante.
ll raggiungimento dell’obiettivo desiderato è considerato più importante dei brutali mezzi impiegati per ottenerlo. Ciò si applica in particolar modo ad alcune persone che si trovano ad occupare una posizione di controllo e di potere.
Lo considerano parte della loro condizione; ad esempio in seguito al fatto di essere sempre stati trattati come alunni particolarmente problematici.

Le azioni prepotenti, messe in atto dal singolo o dal gruppo, nei confronti dei compagni, origina una situazione di disagio in cui i vari soggetti coinvolti sviluppano vissuti emotivi diversi in relazione al ruolo rivestito. Protagonisti del fenomeno sono: da un lato il bullo (o i bulli) che ripetutamente nel tempo sfruttano una posizione di superiorità per aggredire, isolare, insultare un compagno. Dall’altro lato vi è la vittima che sperimenta una condizione di profonda sofferenza, di grave svalutazione della propria identità che, se non protetta, può chiudersi in sé stessa e cedere allo sconforto della solitudine e dell’impotenza. Ma bulli e vittime non sono gli unici attori coinvolti in tale fenomeno in quanto un ruolo fondamentale è giocato dagli “esterni” cioè i compagni che quotidianamente assistono a tali situazioni o sono a conoscenza del loro verificarsi. Questi soggetti, definiti “spettatori”, possono, con il loro comportamento, favorire o frenare il dilagare del fenomeno. Poiché nella maggioranza dei casi le prepotenze non vengono denunciate e il gruppo spesso non mette in atto alcun comportamento per frenarle, tali soggetti-spettatori vengono definiti “maggioranza silenziosa”. Proprio loro possono costituire, però, una risorsa di grande valore in quanto fare leva su di essi potrebbe ridurre la portata del fenomeno che invece continua a diffondersi protetto dalla mancanza di opposizione da parte di chi osserva e dall’aderenza ad una logica di omertà.

La prevenzione è possibile a condizione che esista un sistema familiare e sociale attento ai segnali del disagio ma anche capace di promuovere risorse, potenzialità e competenze.
Per attuare una prevenzione del fenomeno è dunque necessario implementare un intervento a più livelli. Ad un livello risulta innanzitutto necessario coinvolgere gli adolescenti, diretti attori del fenomeno, cercando di avvicinarli alla conoscenza del bullismo, guidandoli in un percorso di riflessione sul problema e di individuazione delle possibili soluzioni. Ad un altro livello è importante rivolgere l’intervento ai genitori e agli insegnanti per fornire loro gli strumenti necessari per identificare comportamenti a rischio ed intervenire efficacemente sia per prevenirli che per contrastarli.

Dott.ssa Diletta De Benedetto


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