Mirabella Eclano – Sulle orme dei Lupi, alla ricerca della città dei Samnites-Hirpini.

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Essere sulle orme dei Lupi vuol dire fare un salto temporale di 2600 anni. Vuol dire tornare Sanniti, immaginarsi parte di quella tribù discendente dai Sabelli, proveniente dall’Appenino centro-meridonale, che tra il VI e il V secolo scelse come propria dimora le valli e i monti irpini. E allora immaginiamoci figli dei Samnites-Hirpini e con loro mettiamoci sulle tracce di quel lupo che li guidò nella regione campana. A darci notizia di questo popolo è Strabone, storico e geografo del I secolo a.c., questa la sua preziosa testimonianza: “Viene il popolo degli Irpini, anch’essi di ceppo sannita. Ricevettero questo nome dal lupo che fece da guida alla loro migrazione: i Sanniti chiamarono hìrpos il lupo.”

E ancora oggi questa terra porta il nome di quell’animale sacro, così come i suoi antichi abitanti: gli Hirpini, dalla lingua osca (h)irpus, lupo. Secondo Strabone la lega sannitica degli Hirpini si sposta verso questo luogo seguendo il rito del ver sacrum, la primavera sacra. Un rituale di origine italica che veniva celebrato, soprattutto, per frenare la pressione demografica. Il rito, così, andava a favorire veri e propri processi migratori. Questo rituale, diffuso prima presso gli Osci e poi i Sanniti, trae origine da una promessa al Dio Marte, e consiste nell’offrire come sacrifici tutti i nati dal primo di marzo al trenta aprile. Gli animali venivano realmente sacrificati, di contro, i bambini non venivano immolati, ma cresciuti come protetti dagli Dei. In età adulta sarebbe spettato loro dare il via ad una migrazione per la fondazione di una nuova comunità. E nasce così un nuovo popolo, e nacque, così, il popolo degli Hirpini, che nella loro migrazione seguirono come animale totemico il lupo.

Gli Hirpini, dunque, giungono nella valle del Calore sulle orme di un lupo, e come lupi ebbero come naturale habitat i monti, e furono pastori, predatori e cacciatori temprati alla fatica, fortissimi guerrieri che si distinsero in battaglia per la loro temerarietà. Le loro donne sono, invece, ricordate per la bellezza, i costumi severi e l’amore incondizionato e fedele per i propri uomini. Nel loro migrare si stabiliscono nei pressi dell’attuale Aeclanum dando vita ad un insediamento le cui tracce sono sopravvissute nei secoli. Un villaggio pre-romano, dunque, chiuso da una palizzata lignea e sito in un luogo che godeva di ottime condizioni ambientali e strategiche. Un villaggio formatosi dall’unione di più gruppi parentali provenienti dai diversi “vici” della zona, nato, per alcuni, dall’unione degli Hirpini più forti.

Di questo primitivo insediamento lo scavo archeologico ha restituito lucerne, monete, frammenti di tegole, ma soprattutto, negli anni trenta del 1900, ha portato alla luce, nei pressi del Passo di Mirabella, resti di un antichissimo santuario, un’ara di tufo posta al centro di un recinto e un’iscrizione in lingua osca del II secolo a.c. con dedica alla dea Mefite. Sono tracce indelebili della civitas antiqua, la cui prima menzione va, con ogni probabilità, ricercata in Livio, che narrando dell’espugnazione di Roma del 293 a.c., a discapito delle zone interne dei Sannites-Hirpini, accenna ad Herculaneum, probabilmente Aeclanum in lingua irpina.

Questa città del Sannio irpino è tra le ultime a cedere al potere di Roma, che saluta la sconfitta degli Hirpini con la vittoria sancita dalla terza guerra sannitica (343-290 a.c.). Muore così il sogno Sannita della libertà e il Sannio-Irpino fu l’ultimo a soccombere, forse perché situato più a Sud o forse perché composto dai più irriducibili, dalla gentes dei monti, da coloro che combatterono come lupi. “Fu l’Hirpino l’ultimo popolo italico a deporre le armi contro i loro avversari, non già per decisione, ma per mancanza di braccia per impugnarle e di sangue da versare”.

 Désirsée Risolo


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